Dallo Statuto del Comune di Taurianova

Ultima modifica 13 ottobre 2022

RADICENA-JATRINOLI-SAN MARTINO

TAURIANOVA

Radicena, Jatrinoli e San Martino furono casali di Terranova fino al terremoto del 1783, che provocò la distruzione integrale della città.

Le origini di Radicena si fanno risalire al 1050, data di donazione della monaca Kometo, vedova di Giovanni, discendente da Elia Erotikes, alla chiesa di Oppido Mamertina. Andrè Gouillon dimostra l'esistenza del monastero di Santa Lucia, nello stesso periodo, ad ovest di Radicena. Emilio Barillaro sostiene che Radicena risale al periodo bizantino; Gabriele Barrio la definisce pari a "piccola città, ricca di stoffe e di cotone"; il De Amato la considera "oppidum frugiferum", ovvero città feconda. Lo studioso tedesco Gerhard Rholfs scrive che il nome di Radicena deriva dal latino tardo (radice), e quello di Jatrinoli dal dialetto Jatrinuni e Jatrinni che sembra scaturito da Jatridoni, discendenti dalla famiglia Jatridi, di origine greca.

G. B. Marzano, studiando l'etimologia di Jatrinoli, ne sostiene la derivazione greca con il significato di medicare, guarire, riferendosi al clima. Ribadisce quest'ultima tesi l'arciprete F.M. De Luca, ma dai documenti consultati risulta che nel 1200 era considerata zona malarica. Altri studiosi asseriscono che Radicena e Jatrinoli fossero fondati dai profughi di Taureana, distrutta nel 950 d. C. dai Saraceni. G. B. Caracciolo. Nel 1496, Terranova e i casali furono governati dal generale d'Aubigny e nel 1502, fu nominato duca Consalvo de Cordova. Nel 1558, il ducato di Terranova veniva venduto al Senatore Tommaso de Marinis, il quale lasciò molti debiti, tanto che il Sacro Regio Consiglio ordinò la vendita all'asta dello stesso ducato, che venne acquistato da Pasquale Grimaldi per 280.000 ducati. Fino al terremoto del 1783, resteranno i Grimaldi che reggeranno il ducato e i casali con enormi difficoltà, anzi dagli atti notarili si evince uno status piuttosto precario degli abitanti che subivano il carcere per non poter pagare le tasse e vendevano quello che possedevano in modo da sostentare se stessi e la propria famiglia. Le famiglie nobili godevano anche del privilegio dello ius patronatus, costituito dall'insieme di appannaggi ed onori che, per concessione della Chiesa, spettavano ai fondatori della stessa, che esercitavano anche il potere di sepoltura. Le plebi rurali sentivano ancora di più il peso del proprietario borghese, con il proprio minuscolo appezzamento di terreno gravato di censo bullare. Il sisma distrusse anche altri casali vicini, come Vatone, Cristò, San Martinello, Baracade; a Radicena e a Jatrinoli vennero distrutti la Chiesa di Santa Maria della Misericordia o del Rosario, la Torre dei Gemelli annessa alla Chiesa Matrice, il Convento dei Minori Osservanti con l'annessa Chiesa di Santa Maria di Muscimini, la Chiesa del Sacramento (sulle cui rovine sorse l'attuale Chiesa dell'Immacolata), di San Nicola e San Sebastiano, di San Giovanni Battista e di San Basilio. A San Martino crollarono tutte le Chiese: Santa Maria delle Grazie, San Nicola, San Michele, Santa Lucia, San Rocco, Santa Maria dei Fiori e Santa Maria della Palomba. San Martino verrà ricostruito nella contrada "L'Abbadia", mentre prima si trovava in località detta "Mella". Il 1700 si concludeva, così, tragicamente; sul piano storico-sociale, Radicena e Jatrinoli vennero coinvolti nell'azione di Fabrizio Ruffo, che passò per Radicena insieme ad Antonio Paladino di Scilla, detto il Piperno. Alcune squadre di banditi, nelle campagne di Bagnara, Palmi e Radicena, trovavano nell’azione di Ruffo nuovi stimoli per proseguire le loro rapine. A tal proposito, lo storico Cingari, fa menzione di una banda a Radicena ad opera di Domenico Moretti, oltre quella di altri paesi, come la massa sanfedista formata da Pietro Paolo Predestino di Cinquefrondi, che, all'annuncio dello sbarco di Ruffo a Pizzo, aveva costituito una banda di 70 realisti, con i quali si recò a Radicena e a Monteleone (oggi Vibo Valentia). Dopo il 1799, all'allontanamento di Ruffo, si creò un clima teso, si fomentò il brigantaggio a causa della grande miseria dei contadini. L'intera provincia di Calabria Ultra e vasti territori di quella Citra, subivano le incursioni dei banditi. Nella Piana di Gioia Tauro si formò una forte banda capeggiata da Domenico Sicari di Radicena, responsabile di non pochi delitti. Oltre il brigantaggio, si verificò anche la confisca dei beni dei Giacobini, ordinate dalle autorità sanfediste.

Decreto 16 febbraio 1928 n. 377 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia n. 60 del 12 marzo 1928

"Riunione dei comuni di Radicena, Jatrinoli e Terranova Sappo Minulio in un unico comune denominato Taurianova"

Vittorio Emanuele, per grazia di Dio e per volontà della Nazione, Re d'Italia:

In virtù dei poteri conferiti al Governo con R. Decreto 17 marzo 1927, n. 383: sulla proposta del Capo del Governo, Primo Ministro Segretario di Stato, Ministro Segretario di Stato per gli affari dell'Interno; abbiamo decretato e decretiamo):

I comuni di Radicena, Jatrinoli e Terranova Sappominulio, in provincia di Reggio di Calabria, sono riuniti in un unico comune denominato TAURIANOVA.

Le condizioni di tale unione, ai sensi e agli effetti dell’articolo 118 della legge comunale e provinciale, testo unico 4 febbraio 1915, n. 148, saranno determinate dal Prefetto, sentita la Giunta Provinciale Amministrativa.

Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo di Stato, sia inserito nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e farlo osservare.

Vittorio Emanuele Mussolini

Visto: il Guardasigilli: Rocco

Registrato alla Corte dei Conti addì 10 marzo 1928 - Anno VI.

CASATI

Atti del Governo, registrato 270, foglio 80.

Dopo l'unificazione si formò uno stemma, per la cui esecuzione venne dato il compito al prof. Alfonso Frangipane, Ispettore delle Scuole Professionali presso il Ministero dell'Educazione Nazionale e studioso di storia patria. Al nuovo fregio venne data la forma di scudo sannitico tagliato alla base e, nel resto, diviso in quattro spartiture a forma di triangolo: due in argento e due in blu. Alla base il fiume Metauros che diede il primo nome alla vasta contrada. Nelle spartiture in argento furono inserite: a destra la corona di conte ( per Terranova) ed a sinistra la fiamma che ricorda quella dell'Araba Fenice ( antico emblema di Jatrinoli ). Nelle spartiture in blu, invece, furono inseriti: il pino (umbraculum ramorum ), a ricordo del comune di Radicena, ed il fascio littorio, a ricordo dell'epoca dell’Unione.

Taurianova conobbe il sacrificio dei propri figli nella seconda guerra mondiale: Salvatore Romeo, insegnante di francese, perse la vita nella battaglia di Malaga. Nella nostra città furono collocati gli uffici provinciali della RAI (RAL) e l'ufficio zootecnico, spostati da Reggio Calabria. Taurianova divenne anche sede del comando della Divisione "Mantova" e della divisione "Lupi di Toscana". Nella periferia si installò un deposito per l'approvvigionamento di una intera armata e di una polveriera; nelle vicinanze si accampò una grossa unità tedesca. Accusato di sabotaggio ai danni di detta unità, per aver tranciato i cavi elettrici, venne fucilato il concittadino Cipriano Scarfò. Alla fine della guerra fu nominato Commissario Prefettizio il dott. Giuseppe D'Agostino.

Nel dopoguerra sorsero nuovi partiti: il partito socialista (26 luglio 1943), la democrazia cristiana e il partito comunista italiano (1944) . Nel 1945 venne istituita una sezione del Partito del reduce italiano. Nel 1948 fu aperta una sezione del Movimento Sociale Italiano.

A Taurianova si attuò pacificamente la protesta dei contadini, tant'è che l'occupazione delle terre fu fatta in modo simbolico e vide come protagonisti: Giuseppe Falleti, segretario della Camera del lavoro e Francesco Zagari, seguiti da un centinaio di lavoratori, tra i quali molte donne. Francesco Condello, segretario nazionale della CISL e capo zona organizzò un grande sciopero presso il Cinema Italia, alla presenza del sottosegretario al lavoro On.le Murdaca e di Paolo Sartore, segretario confederale.

Dopo la guerra e fino agli anni 80, tranne qualche breve parentesi, la Democrazia Cristiana è rimasta ininterrottamente al potere formando governi ora monocolori, ora di coalizione. Negli anni 90, dopo la parentesi dei Commissari Prefettizi che hanno retto il paese in uno dei momenti più bui per Taurianova, si sono alternate alla guida della città, prima un'amministrazione di sinistra, fino alla primavera del 1997, poi una di centrodestra che a tutt'oggi governa.

Dal dopoguerra ad oggi, si sono susseguiti i seguenti Sindaci: Carlo Ursida, Giuseppe Galante, Giovanni Loschiavo, Marcello Romeo, Olga Macri, Emilio Argiroffi e Rocco Biasi, tutt’ora in carica. Taurianova è famosa per molti cittadini illustri che hanno onorato la città con opere letterarie e artistiche. Degni di nota sono gli scultori: Alessandro Monteleone, Vincenzo Romeo, Ermanno Germanò e Pasquale Russo. Come pittori celebri ricordiamo: Pietro Barillà, Saverio Petrilli, Pasquale Sergio, Luciano Sposato in arte Cialì e Luigi Tomarchio. Tra gli scrittori e i poeti si distinsero: Gian Francesco Gemelli Careri, Antonio Renda, Giuseppe Romeo Toscano, Francesco Siclari, Francesco Sofia Moretti, Rocco Loschiavo, Carmelo Contestabile, Vincenzo Sofia Raso, Deodato e Antonio Ganini, Giuseppe Romeo, Giuseppe Drago, Francesco Sofia Alessio, Giacomo Giuseppe Sofia senior, Tiberio Condello, Francesco Sofia Cannatà, Prenestino Loschiavo e Emilio Argiroffi. Tra i medici illustri ricordiamo: Giuseppe e Francesco Bruni, Filippo Romeo, Vincenzo Ricci e Fiorentino De Leo. .

La nostra città possiede molti tesori d'arte nelle Chiese e nei portali dei palazzi gentilizi. Tra quest'ultimi si distinguono: il Palazzo Zerbi in via Roma e vicino all' Asilo Pontalto (ora casa Pisani ), il Palazzo Loschiavo di Pontalto in via Senatore Loschiavo, ora sede della Compagnia dei Carabinieri, il Palazzo Loschiavo tra Piazza; Garibaldi e via Roma; il Palazzo de Leonardis in via Galliano e il Palazzo Contestabile a Jatrinoli.

La Chiesa Matrice di Radicena, Santa Maria delle Grazie, è un maestoso edificio cultuale, di forme pseudo romantiche, con ricche decorazioni; la facciata è ornata da arcatelle e rosone e fiancheggiata da due torri

campanarie a pianta quadrata con duplice di trifore a tutto senso. L'interno è dotato di statue sacre; vi è una campana grande in bronzo, già del Monastero e della Chiesa di Santa Caterina di Terranova, opera di Musarra. Inoltre, c'è una campana piccola dello stesso Monastero di Terranova. Distrutta dal terremoto del 1736, venne poi ricostruita e consacrata al culto da Monsignor Carafa il 4 giugno 1737. Dopo che il terremoto fece crollare la torre dei Gemelli, venne innalzato un campanile munito di orologio distrutto dal terremoto del 1908. Venne ricostruita ed inaugurata il 5 ottobre 1929, a cura dell'architetto Vittorio Paron. L'interno era a tre navate, una balaustra di marmo bianco divideva la navata centrale dal presbiterio, dove si trovava l'altare maggiore, anch'esso in marmo. Sopra di esso, poggiava il tabernacolo racchiudente l’immagine della Vergine della Montagna, patrona di Taurianova. Recentemente la Chiesa è stata ristrutturata.

La Chiesa del Rosario di Radicena è la più antica; prima dedicata a San Basilio e subito dopo a Santa Maria della Misericordia, era annessa al Convento dei Domenicani, fondato il 12 marzo 1537 da P. Niccolò Severino da San Giorgio Morgeto, con il consenso del Governatore don Domenico di Mendoza. La Chiesa, dove aveva sostato Carlo V, e il Convento, distrutti dal terremoto, furono ricostruiti con il contributo dello Stato, cosi come appare dall'iscrizione incisa sulla pietra marmorea fissata sul portale della Chiesa. Il Convento venne soppresso il 7 agosto 1809 per ordine del Governo militare francese di occupazione. Al momento in cui la soppressione venne operata, il Convento era stato abbandonato dal personale monastico, ma la Chiesa continuò ad accogliere i fedeli e venne chiamata "Chiesa del Rosario", per ricordare la presenza dei Domenicani. Nel 1908 la Chiesa fu danneggiata, ma presto venne restaurata. La facciata attuale mostra una struttura architettonica di gusto settecentesco con impronta di linee classiche ed accenni di ispirazione barocca; al centro si apre il portale che è di pietra tufacea fiancheggiato da due colonne con capitelli e cimasa, al centro della quale è posta una lapide marmorea incorniciata recante lo stemma dei Domenicani e, nell'epigrafe, tra l'altro, figura la data del 1803. In alto, al posto del consueto rosone, si apre una grande finestra rettangolare con fastigio decorato. L'interno della Chiesa è ad unica navata rettangolare, che termina con l'abside quadrata. La struttura architettonica e la decorazione dell'edificio manifestano tendenze neoclassiche. In fondo all'abside, addosso alla parete, terminale, è posto l'altare maggiore in marmo e stucchi colorati. Al centro si apre la nicchia dove è conservata una immagine della Vergine di Pompei; anche l'altare della Madonna del Carmine è in marmi colorati con stucchi. Le due opere sono state eseguite da Michele Bacillari di Serra San Bruno, all'inizio del XIX secolo. I dipinti su tela sono costituiti da una Circoncisione di Nostro Signore dipinto ad olio con molte figure di tipo classico, pur con riflessi dell'ultimo barocco, opera di Emanuele Paparo, noto pittore monteleonese. Poi, abbiamo frammenti marmorei figurati: medaglione con altorilievo della Madonna col Bambino, mezza figura della Vergine avvolta da panneggio abbondante, putto interamente nudo e mosso. Il medaglione è incorniciato da ornamento a rilievo in stucco di fattura ottocentesca dentro cui sono collocate quattro testine di cherubini in marmo della stessa fattura dell'altorilievo centrale. Si tratta di elementi di opera scultorea della seconda metà del XVI secolo e che provengono, probabilmente, da Taureana. La figura di San Pietro è a rilievo sul lastrone marmoreo alabastrino, forse proveniente da Terranova come anche il medaglione della Madonna. Anche la figura di San Paolo, a rilievo su alto lastrone marmoreo, è un lavoro della stessa fattura. Tra le sculture in legno abbiamo un Cristo risorto, dipinta a colore naturale, di bottega ca1abrese settecentesca o dei primi dell'Ottocento. Un'altra statua in legno è quella di San Giovanni Evangelista. Non bisogna dimenticare la grande campana fusa da M Jacobus Musarra, datata 1018, proveniente dal Monastero di Santa Caterina di Terranova. Purtroppo le due statue dei SS. Pietro e Paolo sono state rubate, come anche è avvenuto per il dipinto su tela raffigurante la Circoncisione di Gesù Cristo, a firma del pittore Paparo, e per due grandi dipinti che rivestivano i laterali dell'altare maggiore raffiguranti il Giudizio Universale e San Gaetano.

La Chiesa dell'Immacolata di Radicena fu eretta sulle rovine di quelle del Sacramento. Ha come sculture in marmo la Madonna del Soccorso, che può definirsi gruppo scultoreo consistente nella Vergine col Bambino in braccio e ai cui piedi sta un putto nudo. La Madonna alza il braccio destro, armato di clava per colpire un minaccioso mostro che sta in basso; tutto poggia su uno scannello poligonale scolpito. L'opera proviene da

una cappella distrutta del villaggio di Vatone. Nella Chiesa si ammira un frammento di ciborio, lastra del prospetto scolpita a bassorilievo col solito motivo degli angeli in preghiera.

La Chiesa di Maria SS. dell' Addolorata, annessa al Convento dei Francescani, venne fondata come chiesetta rurale dal reverendo Ferdinando Drago con le offerte dei fedeli. La nuova struttura dell’Addolorata fu opera dello scultore di Ortisei Stuffeser. La Chiesa di San Giuseppe viene fondata nel 1910 nel locale offerto da Michele Loschiavo e fatta in legno dagli artigiani locali. Distrutta dall’incendio del 29 settembre 1921, venne ricostruita nel 1936 in muratura e arricchita da otto bassorilievi, opera dello scultore Vincenzo Romeo. La Chiesa fu eletta Parrocchia il 19 marzo 1979. Da ricordare, anche, la Chiesa gentilizia settecentesca di San Nicola della famiglia Zerbi, annessa al palazzo della stessa famiglia, dotata di uno splendido portale barocco finestrato. La Chiesa dell'Ospedale, un tempo votata al culto dell'Immacolata, oggi venera Santa Lucia. In Jatrinoli, ricca d'arte è la Chiesa dei SS. Apostoli Pietro e Paolo che si componeva di tre navate con cupola nell' incrocio dei bracci. Sconquassata dai vari terremoti, venne demolita per ordine del Regio Genio Civile, mantenendo solo i muri perimetrali, quelli interni del coro e tronconi dei pilastri della navata centrale. L'edificio è stato ricostruito ad ossatura di membrature di legno, formante un'armatura completa da per sé stante dalle fondamenta al tetto. Tra le opere importanti custodite abbiamo una statua di marmo attribuita ad ignoto autore del 1400 o del 1500, rinvenuta tra le rovine della Chiesa parrocchiale di Bracadi, villaggio che sorgeva in prossimità dell’antico Monastero di Muscimini. Il quadro più importante è quello raffigurante San Pietro, dipinto in tela che rappresenta il pentimento del Santo. L'effigie è di un rozzo pastore che, seduto tenendo le braccia nerborute e nude sino al gomito, distese sull’addome e conserte le dita delle mani, mostra il suo vivo rammarico, mentre grosse lacrime gocciolano dagli occhi sulle gote. Un'altra statua è quella di San Paolo, in cornice di legno verniciato. Pregevole è anche il dipinto su tela di Nostra Signora del Rosario. La Chiesa dell'Immacolata di Jatrinoli fu costruita intorno al 1960 per interessamento di Pasquale Morabito, priore della Confraternita; infine la Chiesetta di San Giuseppe, sempre in Jatrinoli, appartenente alla famiglia Romeo. In San Martino merita di essere ricordata la Chiesa Parrocchiale, dove si conserva un'antichissima statua marmorea raffigurante la Madonna col Bambino, attribuita alla scuola del Gagini. Bisogna, poi, ricordare il Monastero della Visitazione, la monumentale facciata del cimitero di Radicena, il Palazzo Municipale di Jatrinoli, oggi sede del Comune, il Palazzo Municipale di Radicena, in fase di restauro, l'artistica fontana in marmo di Piazza Vittorio Emanuele, la Villa Comunale, oggi intestata al concittadino Antonino Fava, appuntato dei Carabinieri, trucidato nell'espletamento delle proprie funzioni.

Occorre anche ricordare che a Taurianova sono sorte molte iniziative culturali a cura delle diverse associazioni, delle quali alcune tuttora operano. Importante annotare la presenza dell'Università della terza età e del tempo libero di Taurianova, che opera presso la nuova Biblioteca Comunale, presso la sala Renda, dove sono contenuti migliaia di testi lasciati, con testamento, al Comune dal noto filosofo.

Sono stati stampati periodici e riviste sin dal 1895, quali, "Fra Galdino", diretto da Achille Gagliardi, "Il Lanternino", diretto da Libero Maioli, "La Rana", "Il Gazzettino", "Il Termocauterio", "Il Giornaletto", diretti da Francesco Sofia, "L'Eco", fondato e diretto da Carlo Curatola, "Il Domani", diretto dal professore Giuseppe D'Agostino. Dopo la seconda guerra mondiale, si riscontrano il "Quadrante della Piana" e "L'Eco della Piana", diretti da Enzo Zito, "Comunità", a cura dell' Azione Cattolica di Jatrinoli, "Questacittà", diretto da Isabella Loschiavo. Si pubblicano regolarmente i periodici "Arianova", diretto da Salvatore Lazzaro e "Europago", diretto da Isabella Loschiavo.

Per quanto riguarda San Martino, Padre Russo, nel Regesto Vaticano, sostiene che il casale sia di tarda fondazione bizantina. Riscontriamo, inoltre, che la prima Bolla Pontificia risale al 1088 e riguarda la Chiesa di San Salvatore. P. Gualtieri nella sua opera "Glorioso trionfo o ver leggendario dei SS. Martiri di Calabria", informa che il castello di San Martino fu demolito dalla scorreria degli Amareni, che distrussero anche Marrapodi. In quel castello vi erano i rimedi per sanare diverse infermità immergendosi nell'acqua calda. Nello stesso, nel 1283, venne convocato un solenne Parlamento di prelati, conti, baroni e probi uomini del Regno, per discutere e approvare le nuove Costituzioni della Monarchia, composte da 46 capitoli. Ma, ancor prima, sin dall’epoca dei Normanni, a San Martino, vennero celebrate le nozze tra Ruggero e Giuditta di Gautmesmil. Ruggero lo elevò a contea, al pari di Gerace, Mammola, Oppido, San Giorgio, Sant'Eufemia, Siderno e Sinopoli.

Ma, alla fine del 1200, Terranova assurgeva a maggiore importanza rispetto a San Mattino, in quanto la città era considerata punto strategico per manovre militari. Diversi furono i feudatari dei casali di Terranova; Riccardo di Lauria, Ruggero di Lauria Aragonese, la figlia Margherita, il nipote Ruggero Sanseverino, Enrico Sanseverino, che venne condannato a morte per tradimento, avendo parteggiato per Luigi II contro Ladislao, duca di Calabria. Passò poi, nel 1423, a Saladino Sant'Angelo e, alla morte di costui, nel 1425, a

Emerge anche una stratificazione sociale che risulta evidente dal censimento effettuato nel 1746: al vertice i nobili, quindi la classe borghese e il clero proprietari di immense estensioni di terra, in basso i contadini, poverissimi, e gli artigiani, che erano rari.

Il terremoto del 1783, che distrusse completamente Terranova e San Martino, non modificò il volto socio-economico dei nostri casali perché le terre della Chiesa, messe in vendita dalla Cassa Sacra, vennero acquistati da persone benestanti che arricchirono così il loro patrimonio.

In base alla legge del 19 gennaio 1807, Radicena e Jatrinoli diventarono Università nel cosiddetto governo di Casalnuovo (oggi Cittanova) e, nel 1815, furono inseriti nel distretto di Palmi, appena costituito. Il l° gennaio 1842, insieme a San Martino e a Terranova (che era diventata un villaggio), fecero parte del circondario di Casalnuovo. Nella lotta contro i Borboni, due cittadini dei due Comuni diedero il loro contributo alla causa risorgimentale: Girolamo Zerbi e Antonio Fera, che, come scrive lo storico Visalli, furono coraggiosi mettendo a repentaglio la loro vita. Il primo fu arrestato e processato e condannato a morte, ma poi la condanna gli venne commutata in ventiquattro anni di carcere. Egli non sopravvisse e mori dopo sette anni di reclusione. Antonio Fera venne condannato all'ergastolo per aver congiurato contro il governo borbonico. Anche se non esistono documenti scritti, comprovanti la partecipazione di Radicena e Jatrinoli alla spedizione di Garibaldi, consultando i testi dello storico Visalli, leggiamo che a Jatrinoli esisteva una squadra di volontari, che, insieme ad altre provenienti da Cittanova, Polistena, Palmi e Sant'Eufemia d'Aspromonte, si era accampata a Cinquefrondi, centro propulsore del movimento rivoluzionario. Un grande sostenitore dell'unità d'Italia e fervente liberale fu Pasquale Loschiavo, che si prodigò presso la popolazione affinché votasse per il plebiscito a favore dell'Italia una ed indivisibile con Vittorio Emanuele re costituzionale. Per i suoi meriti verso la corona fu nominato senatore ed ottenne la concessione del titolo di Conte di Pontalto. Grazie al suo interessamento a Radicena venne istituita la Guardia Nazionale, una Società Operaia di Mutuo Soccorso ed una banda musicale, diretta da un certo Papa e, successivamente, da un tale Mastrangelo. Alla morte del conte, si formarono due partiti: uno dei Bianchi, capeggiato dai Loschiavo Pellicano, l'altro dei Rossi, capeggiato dai Genoese-Zerbi. I due partiti, in gara tra loro, fondarono due Società Operaie, una denominata Libertà e Uguaglianza e l'altra I figli del Lavoro, e due bande, la bianca e la rossa, che riportarono premi in vari concorsi. Uno dei componenti, Domenico Marafioti, poi emigrato in Argentina, divenne maestro della banda di Tucuman e tenne concerti famosi. Un altro, Barillà, che morì giovane, verso il 1890 compose brani musicali non privi di interesse e di originalità, tra cui una famosa "Marcia funebre".

Alla fine del 1800, si verificò a Radicena il miracolo della Madonna della Montagna e, precisamente, il 9 settembre 1894. Il latinista Francesco Sofia Alessio così lo descrive: "Era la sera del 9 Settembre del 1894, la venerabile immagine di Maria SS.ma della Montagna, patrona della città di Radicena, stava esposta nella

chiesa alla venerazione dei fedeli. Si era celebrata la festa il giorno precedente. Erano le ore 7 pomeridiane, ed un certo Ambrogio Incarnato, negoziante napoletano, mentre contemplava il volto della Madonna, si accorse che gli occhi della Statua si muovevano con vivacità singolare, e richiamò l'attenzione degli astanti, i quali gridarono al miracolo. La Madonna fu portata in solenne processione, moveva gli occhi guardando a destra e a sinistra in alto e in basso. Io avevo 20 anni e la vista chiara ed acuta e potei osservare in tutti i modi i movimenti di quelle divine pupille. Io vidi quegli occhi, che ora si levavano verso il Cielo, ora si abbassavano verso la terra, e si rivolgevano verso tutte le povere anime, che spaventate pregavano". A questi fatti si accompagnò un fenomeno celeste del tutto nuovo, avente qualche somiglianza con quello dell’apparizione della croce a Costantino, prima della battaglia di Ponte Milvio. Secondo la relazione fatta dal direttore dell'Osservatorio Meteorico-Geodinamico di Radicena a Padre F. Danza, illustre astronomo della Specola Vaticana: "La sera del 9 corrente, alle ore 23:30, dopo una giornata di fuoco, come tutte le altre che questa precedettero, mentre è superfluo si sappia che qui fin da maggio non cade una goccia d'acqua e da un mese una sola stilla di rugiada, dopo una giornata di fuoco, ripeto, 31,4°, con abolizione perfetta di un venticello N-NW, che aveva spirato nelle ore più calde, sopra un cielo limpido disegnavasi un breve alone lunare trasparentissimo, che a poco a poco dileguavasi lasciando al di sotto del disco un fascio luminoso come cosa di gran razzo di cui nucleo la luna. Ed ecco altro fascio luminoso di sopra del disco stesso-una verticale in tutto, che dopo pochi istanti veniva intersecato da altro fascio orizzontale, una croce chiara, spicata, perfetta, a cui la luna facea da centro". Dopo quell'evento a Taurianova si festeggia il 9 settembre come giorno del miracolo.

La vita politica dei due Comuni, nel corso del 1800, fu relativamente tranquilla, così come risulta dagli atti dell’Archivio di Stato di Reggio Calabria (fascio 98 ). Infatti dominavano rivalità e contrasti per il potere tant'è che un telegramma del Sotto prefetto di Palmi comunicava, il 26 luglio 1879, che l'ordine pubblico di Radicena era disturbato e chiedeva un delegato della provincia della PS con distaccamento truppa non inferiore ai 15 uomini. I sindaci di Radicena furono: Giuseppe Addesi, Domenico Zerbi, C. Battista Bellè, Antonio Sofia, Gaetano Loschiavo, Bonaventura Borgese, Michele D'Amico, Ferdinando Loschiavo, Antonio Topa, Giambattista Sbaglia, Francesco Zerbi, Michele Loschiavo, Domenico Sofia, Francesco Bellè, Michele Zerbi, Vincenzo Sofia, Rocco Bellè, Antonio Ganini, Giuseppe Lubrano, Francesco Loschiavo, Luigi Filippo Zerbi, Paolo Genoese Zerbi e Carlo Terranova. I sindaci di Jatrinoli, sempre nel corso del 1800, risultano: Filippo Romeo, Fazari e Raffaele De Felice, Pasquale Contestabile, Pietro Rechichi, Antonio Caruso, Scipione Contestabile, Pasquale Bruni, Giuseppe Ventre, Ferdinando De Cumis, Francesco Iamundo, Giuseppe Campanni, Domenica Ceravolo, Bruno Zerbi, Leopoldo Caruso, Vincenzo Contestabile, Nicola Caruso, Scipione Cordiano e Pasquale Curatola.

Agli albori del novecento, Radicena era un importante paese agricolo e commerciale, capoluogo di mandamento e quindi sede di Uffici Governativi, quali la Pretura, l'Agenzia delle Imposte, l'Ufficio del Registro, la caserma dei Carabinieri, oltre che di un distaccamento del 20° Reggimento Fanteria per la guardia delle carceri, di una Banca agricolo-industriale, di un teatro di prosa. Poche furono le conseguenze del terremoto del 1908: il crollo della cupola della Chiesa Matrice di Jatrinoli e del campanile di quella di Radicena. Durante i lavori di demolizione delle parti pericolanti della Chiesa Parrocchiale di Jatrinoli, eseguiti dal 40° Reggimento Fanteria di Cesena, il 5 febbraio 1909, precipitò dall’altezza di 14 metri il soldato Jatrinolese Domenico Cosma, trovandovi la morte.

Molteplice fu la partecipazione dei cittadini al primo conflitto mondiale: tra i caduti ricordiamo Vincenzo Romeo e il fratello Francesco che si distinsero in molte battaglie e onorarono il paese per il loro coraggio. In onore dei caduti fu eretto in Piazza Sant'Orsola un monumento a Radicena. Opera dello scultore Vincenzo Romeo; a Jatrinoli un monumento fu edificato nella Piazza Municipio, affidato allo scultore di Cinquefrondi Fortunato Longo. Nella prima metà del novecento, vennero fondate scuole e opere pie: a Jatrinoli veniva inaugurato l'ospedale, sorto da opere pie precedenti, cioè da lasciti delle sorelle Giuseppina e Isabella Zerbi, da Domenico Tutino, da Domenica Genova, vedova Sbaglia da Francesco Ciani e da Fedele Ganini. Con deliberazione del 27 giugno 1932, dietro proposta del dott. Mariano Aprea, il pio Ente ebbe la denominazione di "Ospedale Civile Principessa di Piemonte". Nel 1920 si istituì a Radicena l'Asilo Infantile "Benilde Rossignani Loschiavo, contessa di Pontalto". La sede è stata stabilita nel Palazzo di via

Senatore Loschiavo, acquistato dalla benefattrice. L'asilo è stato riconosciuto Ente Morale con Regio Decreto del 10 febbraio 1923. Il 5 ottobre 1942 diventerà Ente Comunale di Assistenza e il 1° luglio 1978 Asilo Comunale. Un'altra importante opera pia è l'Ordine di Visitazione di Santa Maria. fondata da San Francesco di Sales, istituito a Taurianova l’8 dicembre 1945 per iniziativa e lascito della marchesa Lina Ganini, ex educanda del monastero di Reggio Calabria la quale ha dato il locale sito in via Senatore Loschiavo ed un fondo nelle campagne di Gioia Tauro.

Con deliberazione del Consiglio Comunale di Radicena del 21 settembre 1922, sotto la presidenza del sindaco Ferdinando Terranova, veniva istituita una Scuola Tecnica Comunale "Gemelli", soppressa nel 1926. Nell'anno scolastico 1933-1934, venne istituito il Ginnasio privato "Gian Francesco Gemelli" dal commissario prefettizio Francesco Lacquaniti e dal segretario capo De Gori. Il Ginnasio funzionò solo per due anni per carenza di finanziamenti. Prima della riforma Bottai, che creava la Scuola Media. A Radicena funzionava dal 1910 l'Istituto Tecnico Inferiore, che, alla fine del 1939, venne intitolato a Salvatore Romeo, morto nella guerra di Spagna. Sorsero, dopo, l'Avviamento Professionale e la Scuola Media Pascoli. Nel 1963 entrambe le scuole assumeranno la denominazione di Media unica. Nell' anno 1959-1960, venne istituito l'Istituto Professionale Statale per l'Agricoltura e nell'anno scolastico 1958-1959, l'Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri. Nell'anno scolastico 1963-1964, venne creato l'Istituto Professionale per il Commercio, soppresso nell'anno scolastico 1967-1968.

Sul piano politico, Taurianova non restò indietro rispetto ad altri paesi; nel 1922, come riporta lo storico E. Misefari, a pagina 135 del libro "L'avvento del fascismo in Calabria", venne fondato il fascio a cura dei fratelli Luvarà, Giuseppe, Carmine e Alfonso e di Umberto Maiorca. Salvatore Romeo, Giuseppe Macrì, medico che diventerà grande elettore DC e presidente democristiano della Giunta Provinciale, Attilio Chizzoniti e del ragioniere Giuseppe Delfino. Dietro di loro c'era il più grande agrario del paese, il marchesino Arturo Zerbi. Ma, un evento straordinario del dopoguerra si può considerare il Regio Decreto del 16 febbraio 1928, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 12 marzo 1928, così strutturato:


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